La prima visita odontoiatrica dovrebbe compiersi, idealmente, una volta completata la dentizione decidua ovvero intorno ai 3 anni di età.
La visita si svolge sempre in presenza di uno od entrambi i genitori.
Nel caso in cui il bambino mostri segni di disagio o di vera e propria ansia uno dei genitori viene invitato ad accomodarsi sulla poltrona con il piccolo in braccio così da avvolgerlo e confortarlo.
La mano destra della madre tiene dolcemente le mani del bambino, mentre con la sinistra viene accarezzata la fronte.
Questa prima fase di accoglienza è particolarmente delicata e rappresenta il lasciapassare per gli incontri successivi per cui ad essa viene dedicata molta cura. Sino a questo momento l’operatore non indossa le barriere protettive (guanti e mascherina) ma semplicemente si avvicina gradualmente al bambino e cerca di catturare la sua attenzione mostrando interesse e conoscenza del suo mondo (scuola materna, giochi, cartoni animati, amichetti che sono già pazienti dello studio).
Solo quando e se il bambino si sente “a casa”, si possono introdurre nuovi elementi sempre attraverso una prima fase descrittiva “TELL”(con un linguaggio appropriato-la pistola a due vie diviene allora il phon dei denti e la doccia dei denti ecc…) seguita da una fase dimostrativa “SHOW” ed infine esecutiva “DO”.
L’esame obiettivo vero e proprio passa attraverso:
- la formula dentaria;
- il controllo dei tessuti molli (gengive, lingua, palato, frenuli);
- il tipo di occlusione e la funzionalità muscolare;
- la ricerca di lesioni cariose (anche attraverso esame radiografico).
Una volta completata questa fase il bambino può essere accompagnato in sala di attesa dove verrà ricompensato con un piccolo regalo e dove potrà giocare.
La visita continua con il genitore dal quale si raccolgono informazioni sulle abitudini alimentari, igieniche ed eventuali abitudini viziate del bambino (succhiamento dito o ciuccio).
Solo dopo aver completato l’anamnesi si riferisce quanto emerso con l’esame obiettivo.
Si danno istruzioni, ove necessario, su regole di igiene alimentare e/o dentale, si consigliano modelli comportamentali per superare le abitudini viziate, si forniscono indicazioni sulla frequenza delle visite di controllo.
Nel caso in cui il tramite del primo incontro in studio sia stato il pediatra curante od altro collega, questi viene informato dell’esito della visita.
Non sempre la sequenza appena descritta può essere raggiunta.
La prima variabile è l’età in cui abbiamo l’opportunità di visitare il bambino: spesso non solo non vediamo i bambini entro il terzo anno di vita, ma neppure in età prescolare. E’ ancora molto radicata l’idea di portare il bambino al controllo quando i genitori “vedono che c’è una carie”. Questo significa rinunciare in partenza ad un concetto fondamentale della salute che è la prevenzione ovvero mettere in atto una serie di comportamenti volti ad impedire l’instaurarsi di una malattia. La diagnosi precoce è possibile infatti solo da parte di operatori specializzati, in ambiente dedicato, e con ausilii strumentali adeguati.
La seconda variabile con cui dobbiamo confrontarci è il grado di collaborazione (compliance) del paziente a sua volta legato allo sviluppo psico-emotivo e al livello di ansia.
Quest’ultimo in particolare si può ricollegare ad una serie di situazioni:
- il bambino arriva alla nostra osservazione solo quando il quadro patologico è avanzato e associato ad un vissuto doloroso.
- il bambino arriva alla nostra osservazione dopo vari altri tentativi durante i quali non ci è dato sapere quali modelli di approccio siano stati seguiti.
- il bambino riceve dal contesto famigliare un eccesso di premure ad attenzioni che paralizza lo sviluppo dell’autonomia e della fiducia nelle proprie potenzialità.
- il bambino è negativamente influenzato dal contesto socio-famigliare; in particolare intuisce dall’atteggiamento dei genitori un atteggiamento ansioso nei confronti delle manovre odontoiatriche che vengono a sua volta vissute come pericolose.
Ove non sia possibile procedere in prima seduta ad un esame clinico completo, si definiranno di volta in volta, le modalità di approccio più idonee a modificare l’atteggiamento di rifiuto del piccolo paziente.
A cura della Dott.ssa Mariarosa Armandi